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PIOLTELLO: DALLE SCUOLE MODELLO DI INTEGRAZIONE E INCLUSIONE ALL’APARTHEID? QUANDO BASTA UN “AL LUPO, AL LUPO” PER GENERARE “TANTO RUMORE PER NULLA” O QUASI.
 

Di Redazione • 27 OTTOBRE 2017

Tra scritti giornalistici, trasmissioni televisive, Pioltello di nuovo alla ribalta per una poco opportuna, quanto eclatante, denuncia di persone avvezze ad osservare il mondo con un solo occhio.
Il riferimento esplicito è verso i rappresentanti della Consulta interculturale che, invece di approfondire quanto denunciato e farne un dibattito culturale locale, hanno preferito l’atto eclatante delle dimissioni e disseminare il gesto al fine di “trovare il colpevole”, gettando ancora una volta, benzina sul fuoco di una città che si vede calpestate anche le buone e riconosciute prassi, non solo a livello locale. Si parla naturalmente dei processi di integrazione e inclusione, che hanno visto le nostre scuole, “fare scuola” nel merito.
In una città dove i numeri degli studenti stranieri è significativo e tende a superare quello degli italiani, fenomeni come quello denunciato, si sono già verificati, senza per questo farne un caso, in quanto rientranti nei tecnicismi , a volte vincolanti, della formazione classi.
classe e ministro FedeliIl fenomeno si presenta sovente nella formazione delle classi a tempo prolungato, alle quali si iscrivono sempre meno ragazzi, provenienti da ambienti maggiormente bisognosi di tempo scuola più lungo. Una volta questi ambienti erano costituiti da famiglie di immigrati dal sud Italia, ora, per la grande maggioranza, da famiglie straniere e da sempre meno famiglie italiane.
I criteri che generalmente governano la formazione delle classi, prima fra tutti l’eterogeneità interna alle varie classi, e l’omogeneità orizzontale tra le stesse, ne escono pertanto inapplicabili considerato l’esiguo numero dei ragazzi coinvolti nel tempo prolungato.
Il primo fenomeno che necessiterebbe approfondire è pertanto quello del tempo scuola, che produce in fase nascente operazioni di separazione tra classi, oggi ritenute di serie A (tempo normale) e classi di serie B (tempo prolungato). Il fatto poi che in queste classi confluiscano un numero sempre crescente di alunni dal nome straniero è la conseguenza di quanto scritto prima, ovvero che il bisogno di un tempo scuola più lungo è necessità maggiore di famiglie straniere che, per i motivi più variegati, non possono ricorrere a soluzioni alternative e non possono contare sul tessuto familiare che caratterizza gran parte delle famiglie indigene o di datata immigrazione.
Il risultato di questi meccanismi è affidato al caso, per cui a volte succede che classi a tempo prolungato, al di là dell’origine dei nomi, si manifestano ottime, mentre altre volte producono vagoni di problematicità con le quali tutti gli operatori hanno comunque da tempo imparato a fare i conti.
La necessità di avere all’interno della scuola classi orizzontalmente omogenee è pertanto minato alla base, dalla divisione in tempo normale e tempo prolungato, con notevoli difficoltà di avere in queste ultime la stessa omogeneità più facilmente ottenibile nelle classi a tempo normale.
Ripensare al tempo scuola, almeno nella scuola secondaria di primo grado, omogeneizzandolo e creando opportunità differenziate, aperte a tutti, nel pomeriggio, con attività prevalentemente laboratoriali, potrebbe essere, in una realtà come quella di Pioltello, una soluzione per qualificare ancor di più l’offerta formativa eliminando alla fonte necessità che inducono a fenomeni normali o quasi, come quello oggetto delle cronache di questi giorni.

Il quasi é legato a quanto dichiarato dal Preside Garrone, che fa riferimento all'opportunità di mantenere in città ragazzi che diversamente avrebbero optato per altre sedi . Fenomeno, quest'ultimo, che pur rientrando nella sfera della libertà di scelta, dovrebbe preoccupare, non solo la scuola, ma anche la politica locale, che oltre ad adoperarsi per obiettivi tradizionali, dovrebbe farsi promotrice di un piano pluriennale di interventi volto a meglio qualificare le strutture educative di base e con esse la qualità del servizio offerto e fermare il pendolarismo formativo che spinge le famiglie a dare maggiore fiducia a scuole fuori dal contesto cittadino.

 

 

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